La Dr.ssa Manganoni, Psicologo e Psicoterapeuta della Gestalt a Padova e Bassano del Grappa, è specializzata nei Disturbi Alimentari (anoressia, bulimia, iperfagia/obesità).
Ansia e Disturbi Alimentari
Il rapporto con il cibo è tra i più intimi che possano esistere. Al cibo si concede la possibilità di entrare nel nostro corpo e di nutrirlo.
Attraverso la funzione del mangiare si comunica, inoltre, uno schema relazionale, quello con l’altro-che-si-prende-cura.
Il rapporto col cibo è così in relazione al rapporto tra i corpi (genitoriali) che si assimila durante l’infanzia e alla fiducia nell’autoregolazione che l’adulto riesce a trasmettere al bambino.
I Disturbi Alimentari rappresentano un atto di rottura di questo rapporto di fiducia.
Come ogni atto di rottura (nei confronti dei genitori, della famiglia, del gruppo sociale), i Disturbi dell’Alimentazione generano ansia ed esprimono la difficoltà della persona, che ne soffre, a regolare il rapporto fra appartenenza e differenziazione, fra dipendenza e autonomia.
I Disturbi Alimentari condividono la stessa matrice strutturale delle Fobie maggiori (agorafobia, claustrofobia, ipocondria) e, conseguentemente, degli Attacchi di Panico. Esiste, quindi, un legame fra Disturbo da Attacchi di Panico e Disturbi Alimentari.
Come nelle Fobie anche nei Disturbi Alimentari il tema centrale è il conflitto interno del soggetto con dipendenze (da persone o valori). Con la differenza però che tale conflitto si arresta negli Attacchi di panico (perché il terrore blocca l’individuo), mentre investe drammaticamente quel campo di battaglia che è il corpo, nei Disturbi Alimentari.
Classificazione dei Disturbi dell’Alimentazione
Di seguito, viene riportata la sintomatologia dei diversi disturbi dell’alimentazione.
Anoressia
L’anoressia è caratterizzata dal rifiuto di mantenere il peso corporeo al di sopra del peso minimo normale.
I sintomi sono:
– amenorrea: assenza di almeno 3 cicli mestruali consecutivi;
– rifiuto di mantenere il peso corporeo normale minimo (in genere il peso è di 15-12 kg in meno rispetto a quello normale;
– intensa paura di ingrassare;
– distorsione riguardo a come la persona vive il peso e la forma del corpo.
L’anoressia riconosce il suo nucleo fobico nel rifiuto della dipendenza/debolezza, rappresentata dal “cedere” al bisogno del cibo.
Si tratta di un disturbo al 95% femminile, che sottende un rifiuto radicale dell’appartenenza “viscerale”, profonda, a una certa madre, famiglia, partner, società…
Svela un forte bisogno di differenziazione, al punto tale che la persona anoressica può spingere la sua protesta fino alla morte.
Esistono due sottotipi di anoressia:
– con restrizioni: rigida assunzione di cibo senza l’adozione di modalità espulsive (come vomito, uso di lassativi, diuretici…);
– con abbuffate/condotte di eliminazione: oltre alla drastica riduzione del cibo sono presenti anche le abbuffate seguite da condotte di eliminazione.
Nell’atteggiamento di rifiuto della persona anoressica il cibo diventa un mezzo per non darla vinta all’altro (“Non ti concederò mai di entrare dentro di me e nutrirmi”).
Tiene a digiuno la vita,
come suo ultimo ostaggio,
il cuore.
Ed eroico resiste e senz’alcuna protezione
alla contraddizione d’una mente,
che nel severo condannarsi
ad illusoria perfezione
è inciampata nell’errore.
(Anonimo)
Bulimia
La Bulimia è un disturbo alimentare contrassegnato dall’ingestione smodata di cibo. Ingestione che avviene secondo una modalità compulsiva, spesso disordinata.
I sintomi sono:
– ricorrenti episodi di abbuffate (almeno una volta la settimana), durante le quali la persona prova la sensazione di non poter smettere;
– modalità inappropriate di porre rimedio (condotte compensatorie) per smaltire ed espellere il cibo ingerito al fine di evitare l’aumento di peso, come: vomito autoindotto, uso di lassativi, diuretici, eccessiva attività fisica, diete troppo rigide.
Esistono due sottotipi di bulimia:
– con condotte di eliminazione;
– senza condotte di eliminazione.
Nell’atteggiamento della persona bulimica il rapporto col cibo esprime il conflitto tra “Provo a credere che puoi aiutarmi” e “Non riesco a reggerti dentro”.
Vomiting
Il vomiting è una forma mista anoresso-bulimica che consiste nel rituale segreto del vomito dopo l’aver assolto in apparenza ai propri “doveri” alimentari.
Iperfagia/Obesità
L’iperfagia (obesità) è caratterizzata da un’assunzione smodata di cibo, non correlabile alle effettive necessità corporee e associata alla sensazione di perdita del controllo.
La persona iperfagica manifesta molteplici difficoltà nel vedere, nel sentire, nel pensare e nel vivere il proprio corpo. Così la sua perdita d’identità corporea può alcune volte manifestarsi sotto forma di una scissione della percezione di sé: il grasso, la bocca, lo stomaco, le mani possono essere descritte come altro da sé, con proprie capacità decisionali e di azione, interferenti con la propria volontà.
Nell’atteggiamento di apertura collassata e arrabbiata della persona iperfagica si consente al cibo “Fai di me ciò che vuoi, tanto ormai non sento nulla” e “Guarda come mi hai fatto ridurre” o “Non ti farò mai vedere fino in fondo la mia bellezza”.
Curare i Disturbi Alimentari
Un disturbo alimentare va affrontato mediante un protocollo d’intervento multidisciplinare, che richiede la collaborazione di vari professionisti specializzati, come:
– dietista: che conduce la persona alla consapevolezza del come mangia;
– medico: avente un ruolo di presenza e di controllo dei parametri fisiologici;
– psicologo-psicoterapeuta: che aiuta il paziente a percepire e vivere il proprio corpo nel rapporto con gli altri, favorendo la costruzione di un’esistenza individualizzata e autonoma. Allo stesso tempo, sostiene la sana aggressività e riconosce la capacità di esser se stessi all’interno di un legame.
Lettura dei Disturbi alimentari secondo la prospettiva della Psicoterapia della Gestalt
I Disturbi alimentari rappresentano una risposta evolutiva dell’individuo all’intersecarsi di tre campi esperienziali.
1. La corporeità e il suo declinarsi come funzione alimentare
Oggigiorno l’individuo tende a esprimere attraverso il corpo la propria unicità, andando così incontro al rischio di dispersione e frammentarietà.
L’autostima e la fiducia in sé stessi sembrano legate esclusivamente all’aspetto fisico e al peso.
Inoltre, la presenza degli adulti nelle relazioni primarie non rappresenta più un porto sicuro per il bambino. Così molte sue eccitazioni non vengono accudite e contenute. Di conseguenza, il bambino impara a gestire precocemente il proprio corpo in modo autonomo ed è in balìa di angosce. Questo ostacola la costruzione di un buon ground e cioè di un terreno solido.
2. La costruzione dell’identità di genere
Nella costruzione della propria identità al corpo viene attribuita una funzione comunicativa.
Nella società contemporanea sono in forte aumento sia le preoccupazioni relative all’aspetto fisico e al controllo del peso, sia la ricerca della perfezione.
I disturbi dell’alimentazione sono così correlati ai rigidi e inarrivabili canoni estetici della cultura psicosociale in cui viviamo e che inducono sentimenti di inadeguatezza prevalentemente tra il sesso femminile.
Il corpo diviene quindi un portatore visibile di identità di sé e progressivamente integrato nelle decisioni prese dall’individuo circa il proprio stile di vita.
La diffusione di massa di diete, cosmesi, fitness e chirurgia estetica ha reso la persona direttamente responsabile del proprio aspetto, trasformando il corpo in un oggetto malleabile.
L’aumento dei disturbi alimentari è legato alla difficoltà a conciliare i tratti tradizionali femminili (come per es. gli aspetti di sensualità) con quelli maschili (come la forza, la grinta, la determinazione) e alla difficoltà a integrare i valori materni dell’identità femminile odierna, rifiutando così nel proprio corpo gli aspetti che rimandano alla figura materna.
3. I processi di contatto adolescenziali
L’adolescenza rappresenta il fulcro dello sviluppo emotivo e il momento di crisi del percorso di crescita, a cui possono contribuire diversi fattori individuali e sociali. Inoltre, è il tempo del corpo.
Infatti, l’adolescente è colui che parla il linguaggio del corpo e attraverso esso esprime identità, appartenenza, gusti e valori.
Gli attuali adolescenti sono più fragili e poco radicati nel proprio corpo. Si spaventano più facilmente dei loro impulsi, che a volte non possono essere vissuti in un rapporto solido con l’adulto. Inoltre, la poca autostima che li caratterizza dipende dal timore di non corrispondere alle aspettative di adulti e coetanei e di apparire deludenti al loro sguardo.
L’eccesso di pressioni ed aspettative sembra quindi minarne l’autostima.
Queste generazioni narcisisticamente fragili presentano un senso dell’io molto piccolo e una grossa difficoltà nel processo di individuazione. Pertanto, tendono ad attaccarsi alle aspettative altrui al fine di non perdere amore e sicurezza.
Di conseguenza, la loro sofferenza si incarna nello spettro della vergogna. Così, l’identità che si cerca rischia di rimanere incompiuta. Allo stesso modo aumenta il rischio di acting-in, cioè di passività che può generare comportamenti a rischio.
Come afferma Jeammet (2006) “Non riuscendo a esser grandi nel successo lo sono nel fallimento”.
Il Cibo in Psicoterapia della Gestalt è la metafora dell’Altro e della relazione con l’Altro. E’ il ponte per la vita e il veicolo della comunicazione primaria, in quanto insegna l’atto del ricevere e dell’esplorare. Quindi, mangiare non significa solo sfamarsi, ma anche entrare in contatto. Per questo motivo esiste un collegamento tra il cibo e l’intimità.